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Federico García Lorca – L’ombra della mia anima

Federico García Lorca 

L’ombra della mia anima

 

L’ombra della mia anima
è in fuga in un tramonto d’alfabeti,
nebbia di libri
e di parole.

L’ombra della mia anima!

Sono giunto alla linea dove cessa
la nostalgia,
e la goccia di pianto si trasforma
alabastro di spirito.

(L’ombra della mia anima!)

La conocchia del dolore
sta finendo,
ma resta la ragione e la sostanza
del mio vecchio mezzogiorno di labbra,
del mio vecchio mezzogiorno
di sguardi.

Un fosco labirinto
di stelle affumicate
m’intrica l’illusione
quasi appassita.

L’ombra della mia anima!

E un’allucinazione
munge i miei sguardi.
Vedo la parola amore
diroccata.

Usignolo mio!
Usignolo!
Canti ancora?

Stanislav Kostka Neumann (Cecoslovacchia) I minatori delle Asturie

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Stanislav Kostka Neumann

(Cecoslovacchia)

I minatori delle Asturie

   Tutte le cose sacre si sono arrugginite.
Pci- una spada di grano le truppe lottano.
Con una spada di grano soggiogano il corpo,
con una spada di grano lo liberano.
*
Le bramosie, le avversità del mondo
hanno, mostrato il loro vero volto.
Ma se avete bisogno di parabole,
nella piú cupa terra ecco un bagliore,
*
uno spirito che agogna alla giustizia,
levandosi al di sopra dei cannoni,
fì;4 inviato le virtú dall’inferno d’Asturia,
dalle nere miniere neri angeli.
*
Non vinti da vendetta e da fatica,
sorgono coi vessilli della resurrezione;
unti, non d’olio, ma di carbone,
ad un segnale fiammeggiante.
*
Vanno nel fuoco dei mercenari, in mezzo ai tuoni degli
[aviatori,
da un nero orrore nell’orrore delle vampe…
Qual dio ebbe mai per sé tutti quei santi
die l’uomo ha per la propria libertà?

Nicolás Guillén (Cuba) Una canzone in coro

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Nicolás Guillén
(Cuba)
Una canzone in coro
Tutti noi la strada conosciamo;
già sono puliti i fucili;
e sono pronte le nostre, braccia:
avanti, marciamo!
*
Non importa alla fine morire,
perché morire non è gran cosa;
brutto è l’esser libero e in catene,
brutto è l’esser libero e schiavo!
*
C’è chi muore sul proprio letto,
per dodici mesi agonizzando,
e altri che muoiono cantando
con dieci palle dentro il petto!
*
I uttì noi la strada conosciamo;
già sono puliti i fucili;
e sono all’erta le nostre braccia:
avanti, marciamo!
*
Cosi dobbiamo marciare,
severamente marciare, avvolti nel giorno
che nasce. Le nostre rozze scarpe, risuonando,
diranno al tremulo bosco: " é il futuro che passa!
Ci perderemo in lontananza… Scomparirà la oscura massa
di uomini, ma all’orizzonte, ancora
come in sogno, si udrà la nostra compatta voce che vibra:
*
… La strada conosciamo..
… Puliti i fucili…
… E sono all’erta le nostre braccia…
FI la canzone allegra navigherà come una nube sulla
[rossa lontananza!

Langston Hughes (USA) Il seme del domani

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Langston Hughes
(USA)
Il seme del domani

Orgogliosi stendardi di morte
vedo ondeggiare,
là contro il cielo,
conficcati nella terra di Spagna
dove giacciono i vostri corpi scuri
inerti e abbandonati –
cosi pensano quelli
che non sanno
che dalla vostra morte
spunterà nuova vita.
Già: vi sono alcuni che non possono vedere
le poderose radici della liberazione
urgere dalle tenebre
per esplodere in una fiamma
in un milione di stelle
di cui una ha il tuo nome:
Uomo
che in terra di Spagna sei caduto:
seme umano
perché nasca libertà.

Nicola Jonkov Vapzarov – Spagna cosa eri tu per me

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Nicola Jonkov Vapzarov
(Bulgaria)
SpagnaCos’eri tu per me?
Solo un paese sperduto di cavalieri e altipiani.
Cos’eri tu per me?
Solo il fuoco di un amore crudele e selvaggio
che s’inebria di sangue e di coltelli
balenanti, di canzoni e di chitarre,
di passione, di gelosia e di salmi.
*
Ma ora tu per me sei la sorte,
per me sei il destino.
Senza esitare anch’io prendo parte
alla tua lotta per la libertà.
*
Ora ardo e mi rallegro
per ogni successo della tua lotta
e credo nella tua giovane forza,
in essa ho trasfuso anche la mia.
*
Ora mi batto sino alla vittoria
accovacciato nei nidi di mitragliatrice,
per le vie di Toledo
*o sotto le mura di Madrid.
*
Un operaio in tuta blu
mi giace colpito accanto
e sotto il berretto abbassato
scorre, scorre il suo sangue.
*
E sangue mio quello,
che mi scorre impetuoso nelle vene
e io conosco questo amico
delle fonderie di Lancaster:
*
laggiú noi due, con la pala,
abbiamo lavorato alla stessa caldaia
e non c’era muro
che frenasse i nostri giovanili desideri…
*
Dormi, amico, dormi sereno
sotto la bandiera insanguinata.
Il tuo sangue è entrato nel mio sangue
E adesso penetra in tutta la terra.
*
Questo sangue ora scorre
nelle officine, di città in città,
gita, sommuove, trascina
i villaggi in una marcia comune
*
di tenace speranza,
di coraggio e di lavoro,
di dura fatalità,
di libertà che è sangue.
*
E questo sangue innalza barricate,
versa ardimento nelle vene,
urla di gioia furente:
Nostra è Madrid,.Madrid è nostra!
*
E’ nostra la terra. Non temere, compagno:
ogni più piccola parte è nostra.
Sotto il cielo meridionale
dormi e credi: credi in noi!

Manuel Altolaguirre – Campo devastato dalla guerra

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Manuel Altolaguirre
Campo devastato dalla guerra
Dove le memorie, se sei rimasto come un deserto oblio, tu che fosti giardino o bosco, oh campo di battaglia?
Se occhi ti videro, e serbarono di tua morte e rovina l’immagine, ne spargano il ricordo sulle terre: sangue, metallo e fuoco mescolati.
Teatro di morte ormai dannato a non godere altre primavere almeno metti in scena l’agonia di tanta gioventú sacrificata.
Fanti e drappelli di cavalleria come nubi di sangue oltraggiate tra il cielo e la terra si dividono perché splenda il sole della vittoria.
Non sono piú. La luce che difesero illumina appena le braci spente Wnn temporale, eterno, devastato.
Morte, oblio di morte, senza un albero, deserta la pianura, chiaro il cielo, sterile il sole brilla come il pianto e il petto della terra non respira.
Memoria: traccia in aria le figure di tutti gli infiammati combattenti e si combattano le antiche fronde di quel ricordo in cosí grande oblio.

Stephen Spender spender,u ( Inghilterra) Regum ultima ratio

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Stephen Spender
( Inghilterra)
Regum ultima ratio
I fucili scandiscono l’ultima ragione del denaro
in lettere di piombo sulla collina in primavera.
Ma il ragazzo che giace morto sotto gli ulivi
era troppo giovane, troppo insulso
per esser degno d’uno sguardo del loro occhio importante.
Quello era un bersaglio più adatto ad un bacio.
*
Quand’era vivo le alte sirene delle fabbriche non lo
[chiamavano,
né le porte di cristallo dei ristoranti giravano per
[invitarlo ad entrare;
e il suo nome non era mai comparso sui giornali.
Intorno ai morti, con l’oro sprofondato come in un pozzo,
il mondo conservava un muro tradizionale,
e intanto la sua vita scivolava via, intangibile come
[il suono.
*
Oh, con troppa leggerezza si strappò il berretto
un giorno che la brezza strappava petali dagli alberi.
Il muro sfiorito germogliò di fucili;
la rabbia della mitragliatrice falciò le erbe;
bandiere e foglie caddero dalle mani e dai rami;
il berretto di lana imputridí fra le ortiche.
*
Giudicate la sua vita, che non aveva valore,
in termini d’impiego, di registri d’albergo, d’archivi di
[notizie.
Giudicate voi: solo un proiettile su diecimila uccide
[un uomo.
Chiedetevi allora: era giustificata tanta spesa
per la morte d’un essere cosi giovane e insulso,
disteso sotto gli ulivi, oh mondo, oh morte?

Angela Figuera Aymerich , (Spagna) – Il grido inutile

Angela Figuera Aymerich
(Spagna)
Il grido inutile
Quanto vale una donna? A che serve una donna
che vive in solo grido?
*
Che può fare una donna nella piena
che molti superuomini sommerge
e che va sbriciolando tante fronti
alzate come dighe orgogliose
quando lente fluivano le acque?
*
E io, con questi piedi di argilla,
girando le province del peccato,
salendo per le dune, scivolando
fatalmente a causa dei problemi?
*
Che posso fare io, incredula, bisognosa,
solo con questo canto, ostinata
a limare, a far ardere la bocca?
*
Che posso fare persa nel silenzio
di Dio, separata dagli uomini,
gravida ormai di morte mia soltanto,
in un’attesa, languida e gravosa,
mentre tenace edifico i miei versi
con calcina di lacrime e salnitro?
*
Rendetemi lo svago, quella quiete
in cui potevo andare per sentieri
a pascolare i sogni come agnelli.
Rivoglio l’usignolo della selva.
Il volo di quel cigno per il lago
sotto l’argento azzurro della luna.
Riportatemi al passo moderato,
al topico dolcissimo e sedante
di un verso con timone e cortesia
dove cantare come i ricci d’oro
favoriscono il passero e la rosa
poiché ciò, alla fine, a nulla impegna
e sempre suona bene ed è carino.
*
Ma tutto è vano, amici, ci han tagliato
la ritirata in sicure basi.
*
Ormai son rotti i ponti,
i cammini confusi,
cieche le gallerie. Non sappiamo
per certo se avanziamo o fuggiamo
lasciando dietro noi terra bruciata.
*
E io domando, qui sola nel guado
di un fiume d’acque torbide e crudeli,
che può fare una donna, a che serve
una donna che grida in mezzo ai morti?

Pablo Neruda ( Cile ) Madrid 1936

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Pablo Neruda
( Cile )
Madrid 1936

Madrid sola e solenne, Luglio t’ha sorpresa
nel pieno della tua allegria di povero alveare:
chiara era la tua strada,
chiaro il tuo sogno.
*
Un nero rancore
di generali, un’onda
di rabbiose sottane
ha franto alle tue ginocchia
le sue acque pantanose, i suoi fiumi di spurgo.
*
Con gli occhi feriti ancora di sogno,
con fucili e pietre, Madrid, con piaga aperta,
ti sei difesa. Correvi
per le vie
depositando stelle del tuo santo sangue,
chiamando a raccolta con una voce d’oceano,
con un viso per sempre mutato
dalla luce del sangue, come una montagna
vendicatrice, come una sibilante
stella di coltelli.
*
Quando nei tenebrosi accampamenti, quando nelle sacrestie
del tradimento penetrò la tua spada in fiamme,
non ci fu che silenzio d’aurora, non ci fu
che il tuo passo di bandiere,
e una gloriosa goccia di sangue sul tuo sorriso.

Il’ja Erenburg (URSS) Cinematografo

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Il’ja Erenburg
(URSS)
Cinematografo
In un misero borgo di Castiglia,
dove erano soltanto pietre e guerra,
quella notte fu stridula e rovente,
da sbalordire.
In lontananza come una bufera
rimbombava l’artiglieria.
Gli occhi s’aggrappavano ai fucili,
e la mitragliatrice picchiava sulle tempie.
Ma in una chiesa — che stramberia —
ci proiettavano un film.
In mezzo aì santi del barocco
tremolava una macchina smagliante.
Annuvolati e saldi come pietre,
tacevano qui inquieti combattenti.
D’un tratto tintinnarono gagliardi
i sonagli d’una trojka russa,
ed estenuandomi con il ricordo,
facendosi largo fra i santi,
sul muro infuriava Capaev,
convocando i vivi e gli scomparsi.
Quanta forza c’è in quello che si perde!
Come i giorni trapassano negli anni!
Sì dibatte per la fulva sierra
l’ombra gigantesca dì Capaev.
Terra mia, sei piú larga della terra,
paese mio, sei uscito dal paese,
sei diventato aria, e per il mondo
ti respirano i figli del valore.
Ma tu per me sin dalla culla
sei mia terra, contrada natia,
ed io so come odorano gli abeti
di cui era amico Capaev.