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Fadel Azzaoui (Irak) IL RICORDO

Fadel Azzaoui
(Irak)

IL RICORDO
Il ricordo si ferma
sulle rive piene di conchiglie
poi si sposta sull’altalena
che oscilla in un ospedale,
i suoi malati sono
elefanti-donne
serpenti-bambini
diverse pietre,
principi-alberi
che portano sulle loro spalle un’onda dimenticata

Il ricordo si siede
dietro il suo bunker di sabbia
e bandisce il suo primo manifesto
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Nazik al–Mala’ika – Grazie al dolore

Nazik al -Mala’ika

Grazie al dolore

Grazie del dolore

che rende i nostri cuori più delicati e forti.

Grazie al piombo

che c’insegna il valore del canto

e ci ricorda l’appuntamento fuggente e il bacio dimenticato.

Grazie alle prigioni

che fan tornare alla mente l’azzurro del

cielo e il tocco delle erbe vaghe.

E grazie al mondo…

sui suoi aspetti più neri scriviamo questi incliti poemi.

Grazie a Nerone, a Caligola, a Hiroshima,

alla cella sbarrata e alla croce uncinata,

alle bare, alle epidemie, ai cancri del sangue;

essi ci ricordano la vita che fu… e gli imminenti oblii.

Grazie agli incubi –

dice l’uomo timoroso –

essi aprono le strade chiuse e guidano al tempo pacifico.

E grazie alla notte

che i volti dei tiranni rende più laidi e neri.

Ai pugnali schifosi e alle zanne ben

fisse.

E grazie al pianto…

E grazie ai nazisti e ai tribunali dell’inquisizione… e a Ponzio Pilato.

E grazie al mio cuore…

che continua ad amarvi.

Badr Shakir al-Sayyab – Il libro di Giobbe (1)

Badr Shakir al-Sayyab

Il libro di Giobbe (1)

Lode a te
non importa quanto tempo il calvario
o come schiacciante il dolore
Lode a te
Calamità sono regali
Catastrofi sono ma la generosità
Forse non mi dai questo buio
e mi avete dato questo crepuscolo?
Sarebbe terra lodare gocce di pioggia
ma tutte le furie se le nuvole non la trovano?
Per mesi queste ferite
coltello i fianchi
La malattia non si ferma al mattino
Né la notte non cancella i suoi dolori con la morte
Ma quando piange lavoro, grida:
"Lode a te
calamità sono gocce di rugiada
e le ferite sono doni del amante
fasci Ho premere per mio seno
I suoi doni sono presentate nel mio cuore
Non hanno mai scompaiono
I vostri doni sono i benvenuti
Portali!
Traggo le mie ferite
gridare a coloro che ritornano:
"Guardate su e mi invidia
Questi sono i doni di mio amante
Se il fuoco tocca la fronte
Io lo prendo come fiamme di un bacio da te
Insonnia è impressionante
Ho Pastore tuo cielo con i miei occhi
finché le stelle scompaiono
e il tuo fulmine tocca la mia finestra
Notte è impressionante:
L’eco del grido di una civetta
clacson lontani
Il pianto dei malati
Una madre ripetendo
miti suoi antenati ad un neonato
Le macchie di notti insonni
Nuvole nascondono il volto del cielo
Rivela sotto la luna
Se Giobbe grida, la sua chiamata è:
"Lode a te che getta un sacco
e decreti di guarigione in seguito. "

Badr Shakir al Sayyab – La Canzone della Pioggia

Badr Shakir al Sayyab

La Canzone della Pioggia

I tuoi occhi sono due foreste di palme nell’aurora

o due balconi da dove scende la luce delle lune.

Quando sorridono, i tuoi occhi, la vite stende le sue foglie

e le luci danzano… come lune in un fiume

increspato dalla lama di un remo al prorompere del giorno;
come se le stelle pulsassero nelle loro profondità. . .
E affogano in una nebbia di dolore traslucido;
come il mare accarezzato dalla mano del crepuscolo;
ha dentro il calore dell’inverno, il brivido d’autunno,
e la morte e la nascita, il buio e la luce;
un singhiozzare divampa nella mia anima
e una selvaggia esaltazione che abbraccia il cielo,
la frenesia di un bambino spaventato dalla luna.
E’ come se archi di nebbia bevessero le nuvole

e goccia dopo goccia si dissolvessero nella pioggia. . .
come se i bambini sghignazzassero tra le pergole della vigna,
la canzone della pioggia
ha increspato il silenzio degli uccelli sugli alberi…

Plic, ploc, la pioggia

plic, ploc, la pioggia.
Ha sbadigliato la sera, dalle nuvole basse

gocce pesanti sgorgano ancora

è come se un bambino prima del sonno parlasse senza fine

di sua madre (un anno fa andò a svegliarla,non la trovò),

poi gli fu detto, poiché continuava a chiedere,

"Dopodomani, tornerà di nuovo. . . "

che lei deve ritornare,

eppure i suoi compagni sussurrano che lei è lì

sulla collina, a dormire per sempre la sua morte,

mangiando la terra attorno, bevendo la pioggia;

come se un pescatore infelice che ritira le reti

lanciasse una maledizione alle acque e al fato

diffondendo un canto alla luna che scende,

Plic, ploc, la pioggia.

Plic, ploc, la pioggia.

Sai quanto dolore può ispirare la pioggia?
Sai quanto piangono le grondaie quando piove a dirotto?
Sai quanto si sente perduta una persona da sola nella pioggia?

Infinita, come sangue stillato, come persone affamate, come amore,

come i bambini, come la morte, infinita la pioggia.

Badr Shakir Al Sayyab – Il fiume e la morte

Badr Shakir Al Sayyab
Il fiume e la morte
Buwayb…’
Buwayb…
Le campane di una torre perduta nel lontano fondo marino
l’acqua nelle giare, il tramonto sull’albero
sulle giare gocciolano campanili di pioggia
dai cristalli fusi in un lamento
Buwayb… oh Buwayb!
La notte del mio sangue non è che nostalgia
per te, o Buwayb,
o mio fiume, triste come la pioggia.
Vorrei correre nell’ombra,
le mie mani serrano un anno di desiderio
uno per ogni dito! Sarà il mio dono
di fiori e grano.
Vorrei elevarmi verso la corona delle alture
a sorprendere la luna
virare tra le tue rive, seminare ombre
riempire cesti
di acqua, fiori e pesci.
Vorrei tuffarmi per seguire la luna
e dal fondale ascoltare la ghiaia tintinnare
come il trillo di mille passeri sull’albero.
Sei una foresta di lacrime o un fiume?
I pesci vegliano, si addormenteranno all’alba?
Queste stelle attendono ancora
di nutrire di seta mille aghi?
E tu, o Buwayb?
In te vorrei annegare, raccogliere le perle
per farne una casa,
gocce di luce dalla luna e dagli astri
illuminare l’erba dell’acqua e i rami.
Nel riflusso, ti seguirei sino al mare!
La morte è un mondo estraneo che strega i bambini,
e la sua porta segreta, tu la celio Buwayb! …
‘Fiume che attraversa la città natale del poeta, Jaykùr

Sa’adi Yusif (Iraq ) L’emigrato

Sa’adi Yusif
(Iraq )
L’emigrato
Tra le labbra
un ramo triste di uccello migratore
salsedine ed effimero
per te si estendono all’infinito.
Amiamo il mare, il suolo dei profeti, le trecce dell’amata
Partire verso un altro mondo:
strade innevate splendono musica,
notti s’intrecciano a porte di perla
città come coppe di cristallo.

 

Uccello migratore
credi che il mare sogni l’orizzonte
e città di cristallo siano solo per te?
Scaviamo trincee febbricitanti.
Temiamo forse l’avventura sulla via di Shiràz?
Sogniamo canzoni e torchi
E città limpide mentre emigriamo?
Restiamo in trincea
siamo l’avamposto;
in mente una visione
la stella meridiana
un cielo di poeta.
Gelati passi di rivoluzionari
si annunciano tomba
restiamo a nutrire la rivoluzione
di notizie felici, ostinazioni feroci e duro lavoro
ad ogni ora.
L’uccello migratore sia impiccato.

Thea Laitef – Entrano

Thea Laitef

Labbra tagliate
Avrei potuto raccontarvi
la storia dell’usignolo assassinato
avrei potuto raccontarvi
la storia…
ma mi hanno tagliato tutte e due le labbra.
Samir AI~Qasim,

Entrano

È una terra liberata,
abbraccia ora l’amico
che decise di aprire il giardino
ai fiori,
entrano
appoggiati dal giro della nuova schiavitù,
terra liberata
come queste isole
festeggiando con gridi anzi-tiranno,
entrano trascinando ad una roccia
le guardie di ieri
attraversando l’altra acqua.

M Ay Mudhafar Nasiri – Fuoco su Bagdad 1991

Fuoco su Bagdad, 1991

C’era la gente — tanta gente
che lentamente sorseggiava il caffè
e agonizzava
Sì, c’era tanta gente
file di genti che portavano incenso
e poi
presero fuoco:
testa, membra, corpi.
Rimase l’anima, al di là del ponte.
Attraverserà o non attraverserà?
Sì, rimase l’anima
imprigionata tra il fiume e le mura.

M Ay Mudhafar Nasiri – – Coprifuoco

M Ay Mudhafar Nasiri
E dalla notte lugubremente listata a nero
scorreva un rigagnolo di sangue purpureo.
Vladimir Majakovskij

Coprifuoco
Hanno spento le luci
e ricoperto le pareti d’asfalto
ecco, si ode il brusio del mare
nelle distanze che si allontanano
e negli spazi da percorrere…
IRAQ

Abbassa la voce, se vuoi parlare
e, ogni tanto, voltati:
dietro di noi
c’è un’ombra
che non dorme.

IRAQ

Jabra Ibrahim Jabra – Alla ricerca di una patria

Jabra Ibrahim Jabra
(Irak)
Alla ricerca di una Patria

Ho cercato nelle foreste del cielo
un nome per invocare la mia patria…
nessun frutto è caduto
il silenzio grava sulle mie mani
e i miei passi esitano nella strada.
Ho ceduto, mi sono aggrovigliata su me stessa
come i grappoli alla fine della vendemmia.
Senza pause ho galoppato,
cavallo di legno,
l’eco dei suoi passi che turba l’orizzonte,
ho distrutto i miei ponti sulle rive
mi son detta: abito tutto questo silenzioe
questo non mi turba
come la patria quando mi pioveva dalle ferite!
Ho rivolto il mio sguardo al passato.
Lo sguardo è ritornato serto d’acqua….
Ho danzato un po’ con la mia desolazione,
ho gettato in aria la sciapa delle urla