(Dalla presentazione di Owen del libro delle sue poesie)
"Poesie di guerra"
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Wilfred Owen
Questo libro non parla d’eroi.
La poesia inglese non è ancora in grado di parlarne.
Né vi si parla di gesta, di nazioni, di ciò che concerne
la gloria, l’onore, la forza, la maestà, il dominio, il potere,
se si eccettua la Guerra.
Soprattutto non mi interessa la Poesia.
Il mio tema è la Guerra, e la pietà della Guerra.
La poesia è nella pietà.
Ma queste elegie non sono in alcun senso consolatorie
per la presente generazione. Lo saranno, forse, per la prossima.
Oggi un poeta non può che ammonire.
Perciò i veri Poeti debbono essere veritieri.
Avessi ritenuto durevole la lettera di questo libro,
sarei ricorso ai nomi propri; ma se lo spirito ne sopravviverà –
sopravviverà alla Prussia – la mia ambizione e
quei nomi si saranno attestati in campi più freschi delle
Fiandre…
Dulce e decorum est…….
Scozia 1917: ospedale militare di Craiglockhart. Alle cure del dottor Rivers, esemplare figura di terapeuta capace di grande umanità ed empatia, sono affidati alcuni ufficiali reduci dal fronte affetti da gravi forme di nevrosi traumatica. Fra questi, i due poeti Siegfried Sassoon, “interdetto” dalle autorità militari per aver scritto una dichiarazione pubblica contro il protrarsi degli eccidi della guerra, e il giovane Wilfred Owen. Rendendosi conto dell’inutilità della protesta, Sassoon torna in trincea dai suoi soldati. Anche Owen, dopo aver maturato l’idea di una poesia che sappia dar voce ai patimenti della guerra, torna al fronte morendo una settimana prima dell’agognato armistizio alla giovane età di 25 anni
Owen seppe più di chiunque esprimere incisivamente, con drastico e talvolta macabro simbolismo, la condanna della guerra, la pietà per l’umanità, l’inutilità del sacrificio personale di fronte alla indifferente casualità della morte.
Troverete una poesia che io stimo la più bella e terrificante, su quella che fù la prima guerra mondiale di sterminio:
Se solo potessi sentire il sangue, ad ogni sobbalzo,
fuoriuscire gorgogliante dai polmoni guasti di bava,
osceni come il cancro, amari come il rigurgito
di disgustose, incurabili piaghe su lingue innocenti –
amico mio, non ripeteresti con tanto compiaciuto
fervore a fanciulli ansiosi di farsi raccontare gesta
disperate, la vecchia Menzogna:
Dulce et decorum est
Pro patria mori.