Archivi categoria: Italia – Guerra 1915/1918

Marino Monni – Vardar

PRIMA GUERRA MONDIALE

Marino Monni
Vardar
Picchi bianchi di rocce ed ombre
Qui corre o Vardar.
Alta è la notte.
La luna si specchia nell’acqua
E muto è il monte.
Veles si adagia sonnolenta
S’ode il rapace
Strido di gioia
Della civetta.
Di sconforto e di pianto è colma
L’anima spoglia
L’acqua va lesta,
lontano a cercar libertà
nel mare grande,
Libera su spazi più immensi
Ed io qui Solo.
Oh fiume: con te fuggire.
La vita cerco.
Cerco la Patria
Ora lontana.

Tratto da
Poesie dal fronte
Nodo Libri
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Giuseppe Ungaretti – San Martino del Carso

Giuseppe Ungaretti
San Martino del Carso

Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916
Di queste case
non e rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti

che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore

nessuna croce manca

E’ il mio cuore

il paese più straziato

Giovanni Rusig – Di guesto martirio fulminante

Giovanni Rusig

Di guesto martirio fulminante

Oh terra. Oh! trombe
guando suonerette la nostra
santa liberazione per tutti
noi fugiaschi.
Chissa
in guesto ano guanti patimenti che
dovrò patire? Chissà se vivrò
fina il termine dell’anno?
Si spetta sempre na fine e non
si vede mai. Ah! Stati cosa pensate
dei vostri popoli tutti straziati
nel dolore e nei tormenti
Pensate anche voi altri di por fine
a questo flagello chel momento
se gia passato per tutti e pazienza
non è più. Quaranta lunghi mesi
di guerra saria ora
di terminarla. Aspettiamo
tutti dall’intimo del cuore. Salve.

(Werndorf li 3 otobre 1917)

Tratto da
Poesie dal fronte
Nodo Libri

Domenico Predonzani – La vita dell’assedià

Domenico Predonzani
La vita dell’assedià
1
Alla mattina quando mi vesto
Caffè amaro devo magnà.
Alle 9 se sento un estro
Un tocco zibo vado a zerecà
Fra le lelle tra le la la
Pulise e pedoci devo gratà
2
A mezzo giorno il cavallino
In gulas o in brodo devo mforcà
D’acqua pura o caffè amaro
Per tanta sede devo ingoià
Fra le la lelle tra le la la
o panza o culo devo gratà
Al dopo pranzo gnente
E sin la sera devo aspetà
Orzo e patate senza […* devo magnà
Fra le la lelle tra le la la
E tutto questo mal cusinà
3
Col domino e 4 ciacole
Passo la sera de disperà
E alla note fra tanto affanno
In sulla paia me grato l’ano
Fra le la lelle tra le la la
Russa dequà e russa dellà
"Tutta la vita son…..
4
E zibo mezzo brasà
Granate e Srapnel
… es pe fumà
Quesa è la vita dell’assedià
Grata de qua grata de là
Pedoci grandi in quantità
Tra le la lelle tra lr lallà

Tratto da
Poesie dal fronte
Nodo Libri

Giuseppe Benincasa – Episodio di guerra

Giuseppe Benincasa
Episodio di guerra

Ella gli diede una crocetta nera,
di maggio, in un tramonto, sul finir:
Tieni, gli disse in torno di preghiera,
la mamma la baciò, prima di morire!

Egli le diede una medaglia bruna,
conquistata sui campi dell’onore:
"Quando a lutto sarà la mia fortuna,
ti ricordi di me dolce tesoro"

Nella casetta bianca, a piè del monte
sbocciò l’idillio, triste fior d’avello,
fra il mormorio dei pini e della fonte,
chiuso, segreto, come in un castello!

Nella valle natia, dei rovi al folto,
due volte l’usignolo fece il suo nido…
Quand’ella triste, con la morte in volto,
di nuova pugna udì, crudele, il grido…

E in un tramonto, ch’era tutto rosso,
il suo fido partir vide… esitante…
D’amaro pianto l’esíl petto scosso,
con l’occhio lo seguì muta, tremante!

E poi venne l’inverno! La casetta
sembrò più triste… poi cadde la neve…
Brulla, la terra fu dal gelo stretta!
Per molte intorno, oh che silenzio greve
!
Ed ella attese invan… La desiata busta
non venne: il core agonizzò…
e la sedusse alter l’oscura grata
d’un convento vicina "Lì pace avrò!"

Così pensando e così smorta in viso,
varcò la soglia di quel luogo pio,
con l’occhio in pianto alla medaglia affiso,
pace, disse, o Signore! Pace ed oblio!

Cascan l’ultíme foglie… il dì, morente,
d’ombre velava i campi di battaglia…
S’udía, lontan, su per il monte ardente,
il secco crepitio della mitraglia!

È notte! Alla corsia dell’ospedale
vi è qualcuno che muore e un nome implora!
Una suora sta dritta al capezzale
di chi, morendo, vuol veder l’aurora!

Due sguardi, aneli, accesero il sorriso
di due stelle lucenti al firmamento!
Un lembo si scoprì di paradiso…
Fiorir rose sui morti in un momento!

La suora riconobbe la crocetta,
ch’era li, su quel petto insanguinato!
A ricordar la sua bianca casetta
i sogni, le carezze del passato!

Il morente, che ancor della mitraglia
sentia vicin lo scoppio senza resa,
riconobbe la sua bruna medaglia,
al pio rosario della suora appesa!…

La suora si curvò, gelida in core,
fu lungo il bacio, breve l’agonia…
la storia di quel triste amore…

Poi ritornò più fredda la corsia

Tratto da
Poesie dal fronte
Nodo Libri

Anonimo – Fuoco e mitragliatrici

Anonimo

Fuoco e mitragliatrici
Non ne parliamo di questa guerra
che sarà lunga un’eternità;
per conquistare un palmo di terra
quanti fratelli son morti di già!
Fuoco e mitragliatrici,
si sente il cannone che spara;
per conquistar la trincea
Savoia si va.
Trincea di raggi, maledizioni,
quanti fratelli son morti lassù!
finirà dunque sta flagellazione
di questa guerra non se ne parli più.
O Monte San Michele,
bagnato di sangue italiano
tentato più volte, ma invano
Gorizia pigliar.
Da Monte Nero a monte Cappuccio
fino all’altura di Doberdò,
un reggimento più volte distrutto:
alfine indietro nessuno tornò.
Fuoco e mitragliatrici,
si sente il cannone che spara;
per conquistar la trincea:
Savoia si va.


Clemente Rebora – Dall’immagine tesa

Clemente Rebora
Dall’immagine tesa
Dall’immagine tesa

vigilo l’istante
con imminenza di attesa –
e non aspetto nessuno:
nell’ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono –
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno:
ma deve venire;
verrà, se resisto,
a sbocciare non visto,
verrà d’improvviso,
quando meno l’avverto:
verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.

Clemente Rebora – Frammenti lirici, XIV

Clemente Rebora

Frammenti lirici, XIV

O pioggia dei cieli distrutti
che per le strade e gli alberi e i cortili
livida sciacqui uguale,
tu sola intoni per tutti!
Intoni il gran funerale
dei sogni e della luce
nell’ora c’ha trattenuto il respiro:
bùssano i timpani cupi,
strisciano i sistri lisci,
mentre occupa l’accordo tutti i suoni;
intoni il vario contrasto
della carne e del cuore
fra passi neri che han gocciole e fango:
scivola il vortice umano,
vibra chiuso il lavoro,
mentre s’incava respinta l’ebbrezza.
Ma tu, ragione, avanzi:
onnipossente a scaltrire il destino,
nell’inflessibil mistero
a boccheggiare ci lasci;
ma voi, rapimento e saggezza
in apollinea gioia
in sublime quiete,
al marcio del tempo le nari chiudete
o mitigando l’asprezza
nella fiala soave dell’estro
o vagheggiando dall’alto
la vita, che qui di respiro in respiro
è con noi belva in una gabbia chiusa!
Un’eletta dottrina,
un’immortale bellezza
uscirà dalla nostra rovina.

Giuseppe Ungaretti – I fiumi

Giuseppe Ungaretti

I fiumi

Cotici il 16 agosto 1916

Mi tengo a quest’albero mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna

Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposato

L’Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso

Ho tirato su
le mie quattro ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull’acqua

Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole

Questo è l’Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell’universo

Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia

Ma quelle occulte
mani
che m’intridono
mi regalano
la rara
felicità

Ho ripassato
le epoche
della mia vita

Questi sono
i miei fiumi

Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil’anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre

Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere d’inconsapevolezza
nelle distese pianure

Questa è la Senna
e in quel suo torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi
contati nell’Isonzo

Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora chè notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre

Giuseppe Ungaretti – Sono Una Creatura

Giuseppe Ungaretti

Sono una Creatura
Come questa pietra
di S.Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata

Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo