Kurt Tucholsky – La gabbia delle scimmie

libro 4

Kurt Tucholsky

La gabbia delle scimmie

La scimmia (a proposito dei visitatori):

« Meno male che quelli là stanno dietro le sbarre! ».

Vecchio Simplicissimus

Nel giardino zoologico di Berlino è stata messa in gabbia una tribù di scimmie dell’Abissinia, davanti a cui il pubblico va a rendersi ridicolo tutti i giorni dalle nove alle sei. Hamadryas Hamadryas siede tranquilla nella gabbia e penserà che gli uomini costituiscano una società piuttosto sciocca e puerile. Sono scimmie del vecchio continente e perciò hanno callosità alle natiche e borse mascellari. Le borse mascellari non si possono vedere. Le callosità alle natiche si manifestano in un rosso fiammeggiante: è come se ogni scimmia stesse seduta su una forma di formaggio olandese. La tribù abita in una gabbia gigantesca, ben visibile da tre lati; se si sta da un lato, si arriva a vedere fino all’altro lato in questa successione: sbarre, le scimmie, ancora sbarre e dietro il pubblico. E in mezzo al pubblico ci sono loro: mamma, papà e il pupo; riposati, ben lavati, grazie al bagno della domenica mattina, e con le narici dilatate. Sono lievemente divertiti, in una mescolanza fatta di curiosità, di ragionevole senso di superiorità e di un pizzico di benevola canzonatura. Teatro antimeridiano: le scimmie debbono esibirsi davanti a loro in un qualche spettacolo. Soprattutto in un certo particolare numero.

Nella gabbia delle scimmie dapprima è tutto tranquillo. Gli animali siedono intorno sulle alte tavole, da soli, a due, a tre. Là sopra c’è una coppia di coniugi, due animali profondamente assorti; stanno abbracciati e ognuno ascolta il battito del cuore dell’altro. Alcuni si spidocchiano. Gli spidocchiati, con la loro aria soddisfatta, assomigliano in modo sorprendente ai signori insaponati nella bottega del barbiere; hanno un aspetto dignitoso e approvano pienamente tutto quel buon lavoro che si sta facendo. Gli spidocchiatori frugano, silenziosi e sicuri, pettinano il pelo accuratamente all’indietro, palpeggiano e qualche volta si cacciano in bocca la preda … Uno sta accoccolato per terra, quasi un uomo preistorico accanto al fuoco, e con le lunghe braccia si ingozza di resti di noci. Un altro scivola lungo la grata anteriore, prende posto di fronte al pubblico con un’espressione soddisfatta, anche lui a teatro, si mette comodo … Ecco … può cominciare.

Comincia. Compare la signora Dembitzer, fermamente convinta che la scimmia dalle sette del mattino stia aspettando che lei le faccia « zizizi ». La scimmia la guarda … con uno sguardo celestiale. La signora Dembitzer si sente infinitamente superiore. La scimmia pure. Il signor Dembitzer getta sul naso alla scimmia un boccone di cibo. La scimmia lo prende, lo annusa e se lo ficca lentamente in bocca. La sua bocca da contadino, tutta grinzosa, si mette in movimento. Quindi si guarda tranquillamente intorno. Dembitzer junior cerca di stuzzicare la scimmia con un bastone. La scimmia d’un tratto sembra avere seimila anni.

Là sopra sta succedendo di sicuro qualche cosa. Negli sguardi dei visitatori c’è un’espressione cupida e d’attesa. Gli occhi si fanno piccoli e ammiccano. Le donne oscillano tra ribrezzo, orrore e un sentimento: nostra res agitur. Cos’è? Le scimmie dell’altro lato sono passate a sottoporsi a un’eccitante ispezione oculare. Giocano a qualche cosa che non si chiama mah-jong. Il pubblico è indignato e nello stesso tempo eccitato e piacevolmente divertito. Un leggero brivido di cattiva coscienza percorre la gente. Ognuno si sente colpito in prima persona. « Mamma! » dice forte un bambino « che cos’è quel cordoncino rosso che ha quella scimmia? » La mamma non lo dice. Bambino mio, è il filo rosso che attraversa tutta la storia del mondo.

Tra le scimmie c’è movimento. La scena somiglia un po’ a uno stabilimento balneare per famiglie a Zinnowitz ‘. Si va ìn giro, cisi tocca, ci si urta, si palpano membra proprie e altrui … Due piccoli corrono intorno strillando. Un barbuto consigliere concistoriale parla }tra vemente con un professore della durezza dei tempi Una scimmia abbandonata segue attentamente i movimenti del suo ex. Una giovane scimmia parla col suo editore: l’editore tra un grande agitare di braccia e di gambe le toglie un cinquanta per cento. Due socialdemocratici riunificati sono diventati ragionevoli e realisti, guardano i giovani con disapprovazione: tra poco faranno un compromesso. Due scimmie parlano di un segreto che solo loro conoscono.

Il pubblico è leggermente deluso perché non succede quasi nulla di sconveniente. Le scimmie non sembrano affatto deluse del pubblico: probabilmente non si aspettavano niente di più. Se avessimo teatri di varietà degni di questo nome e non dei noiosi palazzetti dello sport pieni di trucchi di terza mano, che spettacolo da varietà!

Nella gabbia gigantesca prima vivevano le scimmie antropomorfe dì Gibilterra. Degli esseri grandi, scuri e pelosi, più alti degli uomini, con enormi, vecchie facce da negri. Una madre aveva un piccolo e se lo nascondeva sempre al seno, quasi una madonna nera. Sono morte tutte. Probabilmente non sì addiceva loro il clima. Non sono le uniche a non sopportare questo clima.

Chissà se le scimmie hanno un presidente? E un esercito? E consiglieri di corte d’appello? Forse avevano tutto questo, nella lontana Gibilterra. E ora sono morte, perché tutto questo è stato loro tolto. Una vera scimmia, infatti, non può farne a meno.

1924

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