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Yehuda Amichai – Giacobbe e l’angelo

Yehuda Amichai
Giacobbe e l’angelo
Poco prima dell’alba sospirando
lei lo stringeva così, e lo sconfisse.
E anch’egli la stringeva, e la sconfisse,
e sapevano entrambi: quella stretta
portava la morte.
E rinunciarono a dirsi i loro nomi.

Ma al primo chiarore
egli vide il suo corpo:
ed era ancora bianco
nei punti dove ieri
il costume da bagno la copriva.

Poi a un tratto da su la chiamarono,
due volte.
Come chiamando strappi una bambina
ai giochi nel cortile.
E lui ne seppe il nome e le permise
di andare.

Yehuda Amichai – Mi ha assalito un’acre nostalgia,

Yehuda Amichai

Mi ha assalito un’acre nostalgia,
come la gente d’una vecchia foto che vorrebbe
tornare con chi la guarda, nella buona luce della lampada.

In questa casa, penso a come l’amore
in amicizia muta nella chimica
della nostra vita, e all’amicizia che ci rasserena
vicini alla morte.
E quanto è simile ai fili sparsi la nostra vita
che piú non sperano di tessersi in altro ordito.

Giungono dal deserto voci impenetrabili.
Polvere che profetizza polvere. Passa un aereo e ci chiude
sotto la lampo di un grosso sacco di destino.

E il ricordo di un viso amato di ragazza
trascorre per la valle, come quest’autobus notturno: molti
finestrini illuminati, molto viso di lei.

Yehuda Amichai – Strada

Yehuda Amichai
Strada
Un bagliore di automobili in fuga
i miei pensieri riordinava in bianco e nero.

Io che attraverso la strada
solo nei punti consentiti dalla legge,
sono stato invitato all’improvviso
fra le rose.

E come si chiarisce un bruno ramo
nel punto in cui si spezza, così io
nel mio amore
sono chiaro.

Yehuda Amichai – Mia madre cuoceva nel forno il mondo intero

Yehuda Amichai
Mia madre cuoceva nel forno il mondo intero

Mia madre cuoceva nel forno il mondo intero per me
in dolci torte.
La mia amata riempiva la mia finestra
con uva passa di stelle.
E le nostalgie sono racchiuse in me come bolle d’aria
nel pane.
Esternamente sono liscio, silenzioso e bruno.
Il mondo mi ama.
Ma i miei capelli sono tristi come i giunchi nello stagno
che va prosciugandosi.
Tutti i rari uccelli dalle belle piume
fuggono via da me.

Yehuda Amichai da "Lamenti per i morti in guerra"

Yehuda Amichai
da "Lamenti per i morti in guerra"
Il signor Beringer, a cui è morto il figlio
sul Canale di Suez, che stranieri
scavarono per far passare le navi nel deserto,
passa con me per la Porta di Giaffa.

È dimagrito molto: ha perso
il peso di suo figlio.
Per questo ora galleggia nei vicoli leggero
e nel mio cuore s’impiglia come i rami
sottili alla deriva.

Aharon Shabtai – Rosh ha-Shanah

 Rosh ha-Shanah

Aharon Shabtai

Neanche dopo l’omicidio del piccolo Muhammad
A Rosh ha-Shanah
La carta si è fatta nera,
Nei giorni in cui
I franchi tiratori si lavano la divisa
Io mi metto su una pasta,
Verso dell’olio d’oliva
Ci faccio rosolare delle bacche di ginepro
Cucino il tutto per un paio di minuti
Aggiungo qualche pomodoro essiccato,
Dell’aglio tritato, e un pugno di erbe aromatiche
E mentre mangio appare
In tivvù il nostro dottor ministro
Degli affari esteri e della polizia,
E appena finisce
Io mi metto a scrivere una poesia,
Perché è sempre stato così,
Gli assassini uccidono
L’intellettuale si vanta
E il poeta canta.

(da “J’Accuse”, 2001)

Aharon Shabtai – Quattro blocchi stradali

Aharon Shabtai

Quattro blocchi stradali

A chi prende l’Ariel
Capiterà di vedere
All’imbocco di ognuna delle quattro magre
Diramazioni che portano ai villaggi
Un’opera d’arte israeliana:
Un blocco stradale fatto con un cumulo
Di spazzatura e pietrame.
Uno a Marda,
Uno sulla strada per Zeita,
Tra Tapuach e Ya’asuf,
E sotto il ponte
Di Iskaka.
Io li ho portati tutti
A casa da me,
Ed ora prima di addormentarmi
I quattro blocchi
Sono davanti ai miei occhi
Tra il letto
E il guardaroba.
Su quello di Iskaka
E’ appesa la carcassa
Di un lupo,
Il blocco di Zeita invece
È fatto di cinque
Cubi di cemento
Ordinati con freddezza
Perfettamente allineati
Ed equidistanti tra loro
Come le braccia del candelabro di Hanukkah.

(2004)

Aharon Shabtai – Pasqua


Aharon Shabtai

Pasqua

Invece di far bollire
Pentole e piatti
Sfregatevi i cuori
Con lana di acciaio.
Voi che leggete
Il racconto pasquale
Come maiali,
Che appena vi si serve da mangiare
Vi mettete a grattare il fondo del piatto,
Che vi sia sedano o polpette.
Ma la Pasqua è più forte di voi.
Uscite fuori, guardate:
Gli schiavi si stanno sollevando,
Una mano coraggiosa sta seppellendo
Nella sabbia l’oppressore,
Ecco il vostro Faraone
Crudele e stupido,
Che spedisce truppe e carri,
Ed ecco il mare della libertà
Che li inghiotte.

(da “J’Accuse”, 2002)

Aharon Shabtai – Io non odio il popolo

 

Aharon Shabtai

Io non odio il popolo

Io non odio il popolo
In gran parte sono solo cetrioli
Che van bene per l’insalata
O come sottaceti
Si vendono sempre a buon mercato.
Gli intellettuali si gonfiano
Fino a diventare zucchine,
Zucche, meloni,
Hanno poco zucchero
E tanta acqua.
I soldati che ho visto
Al posto di blocco di Sufa
Sono stati portati in jeep a Rafi’ah
Come bottiglie di birra
O scatolette di carne.
Che una volta svuotate
Saranno buttate assieme con noi
Sullo stesso mucchio.
E dovrei forse arrabbiarmi
Per una bottiglia scaduta
O per una scatoletta vuota?

(2004)

 

Aharon Shabtai – Io amo Pasqua

 

Aharon Shabtai

Io amo Pasqua

Io amo Pasqua
Perché allora torni prima.
E come ogni anno
Andremo a Kiriat-Mozkin
E tra i calici di vino
E le bottigliette del charoset
Zvi racconterà
Della “marcia della morte”.
Poi torneremo a Tel Aviv,
E mentre guiderai con il buio,
I vetri dell’auto
Saranno coperti di vapore,
Allora io poserò la mano
Sul tuo ginocchio.
Appena rincasati ci metteremo a letto
E festeggeremo il nostro
Seder pasquale privato.
Io mi vedo che
Accosto le labbra al tuo ventre
E penso al miele,
Mentre giù in strada
Si aggira ancora il nostro angelo.

(da “J’Accuse”, 2002)